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Primo Maggio: «Senza lavoro non c'è umanesimo



Il 1° maggio «resta una giornata di lotta, non contro, ma pro, tutti insieme, sempre necessaria, per la tragedia crescente di questa crisi». E' quanto si legge nel messaggio perla giornata del primo maggio diffuso oggi dalla Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, sul tema: «Nella precarietà, la speranza».
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29/04/2014
Al centro del documento, quel «lottare per il lavoro», che «ci ha indicato papa Francesco nella sua visita in autunno in Sardegna: Signore Gesù, a te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi!». Secondo i vescovi, la Veglia che si celebra in tante diocesi e parrocchie «assume, oggi, un significato particolare. Si fa invocazione, ma anche impegno. Per tutti». «Nessuno, oggi, in questo momento, può tirarsi indietro», l'ammonimento centrale del messaggio: «Nessuno può scaricare la croce sulle spalle dell'altro, ma come Cirenei della speranza, chiediamo a tutti, come vescovi della pastorale sociale, una particolare empatia, davanti ai tantissimi drammi sociali». «Empatia», si legge nel messaggio, è «il condividere, lo star vicino, nella capacità di aiutarci tra di noi, per dimenticare un po' l'egoismo e sentire nel cuore il ‘Noi', come popolo che vuole andare avanti», come scrive sempre Papa Francesco dandoci «il tono, il coraggio, la forza in questa delicata situazione storica che viviamo».

«Senza lavoro nessun giovane e nessun padre di famiglia ha dignità né sicurezza. Senza il lavoro, non c'è umanesimo», si legge nel messaggio, a proposito del legame tra il tema del lavoro e il Convegno di metà decennio a Firenze. «È un costruire sulla sabbia la nostra civiltà», prosegue il testo: «Perché non rispetta la persona. Vittime come siamo di un'economia che ci vuole rubare la speranza, per i sistemi ingiusti che crea, perché spesso il denaro governa invece di servire!». «È una sudditanza agli idoli», ammoniscono i vescovi, ricordando che «rifiutando satana e abbracciando invece Cristo, ci siamo impegnati a dire di no alla nuova idolatria del denaro che esclude e non include». Ci viene in aiuto, in questo, la «riflessione acutissima della Evangelii gaudium», quando descrivendo «l'attuale situazione di aperta ingiustizia, diffusiva, va ben oltre le tradizionali analisi di natura marxista». «Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell'oppressione, ma di qualcosa di nuovo», spiega infatti il Papa: «Con l'esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l'appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono sfruttati, ma rifiutati, avanzi!».

«Formazione, coraggio e solidarietà reciproca». Sono queste, per la Cei, le tre parole d'ordine per «costruire un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale», percorrendo «strade di solidarietà, che non portino allo scarto ma all'incontro solidale con i giovani e i fragili». Il «metodo» è quello di Gesù, che vede i pescatori «affannati, intenti a lavare le reti, delusi nel cuore per una notte perduta e un lavoro inutile. Come per tanti ragazzi delle nostre parrocchie e dei nostri paesi. Reti vuote. Come le giornate perdute nella ricerca sfibrante e deludente di un'occupazione». Il metodo di Gesù è «acuto, penetrante, coinvolgente», si fa notare nel messaggio: «Non indica strade comode, risolutive, né, tanto meno, scorciatoie clientelari o sbrigative. Ma si siede sulla barca e dalla barca insegna alle folle. È un vero Maestro. Un autentico educatore. Promuove, non si sostituisce. Punta sulla qualità, sull'innovazione, sulla formazione. Su un apprendistato che introduca realmente nel mondo del lavoro, con dignità. E soprattutto con qualità!». Perché la crisi attuale «non è povertà di mezzi ma carenza di fini», come ci ricorda don Lorenzo Milani, «con il suo diuturno impegno nella scuola di Barbiana». Una scuola «esigente, esemplare, durissima», perché «animata da un cuore che ama: I care!». Per questo «poteva chiedere tanto, tutto ai suoi ragazzi».

«Pescare di giorno, cioè in condizioni precarie. Come per tanti giovani, oggi. In quella precarietà che scoraggia e delude». È questa la richiesta di Gesù ai pescatori. In una parola, «rischiare, investire». «Intraprendere»: per la Cei, «questo è il verbo che dovrebbe uscire dalle nostre comunità cristiane, dalle nostre parrocchie. Non tenere i denari alla posta o in banca. Ma investirli, guardare avanti, mettercela tutta, perché quei pochi soldi che oggi abbiamo non restino ammuffiti nella buca sottoterra della paura, ma diventino talenti preziosi, investiti con coraggio e lungimiranza. Per il bene comune. Per il futuro dei nostri giovani». «Oggi chi è imprenditore e lo fa con dedizione e rispetto delle condizioni lavorative, merita tutto il nostro appoggio e sostegno», si legge nel messaggio. Altro imperativo: «Creare cooperazione». Nel campo del lavoro, servono «iniziative portate avanti insieme, mai da soli», l'ammonimento della Cei, che raccomanda la «solidale reciprocità, in un circuito di vera e concreta fraternità», che «risana dall'egoismo del possesso, fonte a sua volta di tremenda paura». «Quante iniziative imprenditoriali, purtroppo, franano quasi subito, perché sono speculative, non condivise», il grido d'allarme della Cei, che dà appuntamento a Salerno, dove dal 24 al 26 ottobre si terrà un convegno dal titolo: «Nella precarietà, la speranza!».
Fonte: Sir

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