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L'ultimo libro di poesie di Elvira Alberti: 'Liriche - Poesie nel tempo - Pagine di crepuscolo'. Edizioni Agim


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 Reporter: Redazione Interna | 09/08/2014
Premessa
Questo nuovo volume di liriche di Elvira Alberti (il 18°), che divide in due tempi i ritmi di un percorso poetico in continua riproduzione, genera, ancora una volta, e perpetua ansie e turbamenti, penetra “il cuore del Silenzio…” di un’anima infranta ma sempre vigile e riflessiva, un’anima che trasmette a chi l’ascolta la voglia di dialogare. La poetessa evidenzia, come sempre, l’amore per la preghiera e il contatto con Dio in “aperti paesaggi di solitudini e inutili tempi d’attesa” con voci che si diffondono privi di suoni attraverso la poesia salvifica che penetra nella sua anima, la possiede e la pervade.
Le sue liriche sono un richiamo al “silenzio della sera, echi del cuore, sorrisi della terra, ricordi”.
La speranza, nei versi, parla dell’uomo e dei suoi drammi chiusi in conchiglie d’amore e di perdono. L’Alberti traccia nelle sue liriche “profili…, invisibili forme sospese…, gocce e trasparenze d’acqua nello spazio”…
La tela della vita per lei è un rebus: “Sono ramo che non artiglia più / il muro. / Ascolto solo il rauco respiro / dell’acqua che saltella sui sassi…”.
Alberti in effetti “soffre” di aneliti di poesia che “si elevano dal cuore come petali di rose mossi dal vento”. I suoi versi “sono nobili messaggi d’amore…, che si alzano in volo in cerca di pace e di oblio” mentre ascolta il vento tra i rami con l’aurora vestita di sole.
Scrivere per l’Alberti è annullare, o cercare di contenere, un dolore ancestrale, che ripropone instancabilmente nei suoi versi; il tempo è l’assillante componente del suo vivere quotidiano, ciò che la opprime e l’incalza mentre conta le primavere, guardando le lancette dell’orologio che scandisce le ore che corrono lente e inesorabili con l’occhio rivolto al passato che torna sempre a turbarla.
I ricordi di cui sono pervasi i suoi versi sono segreti del cuore e pagine aperte insieme, luce antica e nuova, linfa d’amore impenetrabile, intensa; risonanze e inquete confessioni tra “ermetici monologhi in atmosfere di terra e cielo”.
Attenta appare la riflessione della Ns. sui temi dell’esistenza mentre “s’abbandona ai fiumi della vita tra le pagine di una storia mai scritta”.
C’è sicuramente tanto pessimismo nei versi lacerati e laceranti dell’autrice, voglia di libertà, di “vagare” e “divagare” nel solito mare inquieto in cui spesso rischia di naufragare (tali concetti sono ricorrenti).
L’anima inquieta dell’Alberti alimenta il fuoco che sempre la possiede e che “sconfigge il silenzio del cuore” mentre si affida alla poesia, che la conforta, la protegge, la sublima…, un’ultima spiaggia a cui s’aggrappa per non soccombere…
In sere d’autunno, quando la malinconia avvince cuori e menti, i ricordi nostalgici di un passato antico regalano alla poetessa calici di silenzi: gioie effimere e giorni di dolori albeggiano nella sua mente, si alternano “tra cielo e terra, come ombre…”.
“La terra è piena di gramigne / e il seme stenta a germogliare…/ Il vento solleva foglie /petali di fiori…,bacche…Un manto di nebbia / copre le stelle…/ Domani…, fiorirà la speranza / nei cuori di pietra?”. Come si vede, anche la speranza aleggia nei suoi versi. La speranza di un mondo migliore in cui il bene si sostituisca finalmente al male eterno di questo mondo spesso disumano e perverso.
I crepuscoli dell’Alberti sono pervasi dal desiderio d’esistere per continuare nel silenzio delle notti a scrivere versi in libertà. Versi prodotti in anni e anni di sofferenze e solitudine, trascorsi in simbiosi con le stagioni che muoiono e rivivono, che si alternano come la notte e il giorno mentre il suo cuore ascolta il canto della natura in labirinti di stelle…

Una poetessa ipersensibile la Ns., che canta memorie lontane e presenti, nenie a più voci senza spartito, cavalcando continuamente il tempo che passa inesorabile mentre le sue parole si elevano laddove l’anima danza e si smarrisce nel cosmo.
Il volume è anche un condensato di messaggi all’uomo e al suo destino, un inno alla libertà d’espressione, fonte di dialogo con mondi sconosciuti che, curiosamente, l’Alberti esplora con la sua inesauribile fantasia per tentare di carpirne i segreti. Mondi animati di entità ignote, che forse non esistono ma la stimolano sempre ed efficacemente nel suo percorso poetico-creativo.
Per chiudere questa breve premessa mi soffermo su una lirica “crepuscolare” in cui il VENTO, elemento della natura (come altri) ricorrente nelle poesie della poetessa, è artefice di riflessioni profonde dense di accenni lirici di sicuro impatto su chi legge:
Soffiava, lieve, il vento / quella sera…, scivolava lungo il pendio, / portando sulle braccia / rami fioriti di mandorlo. / Laggiù, anche il mare / non aveva più bianche bave d’ira /sulla cresta dell’onde… / Anche il filo dell’orizzonte / non era più limite allo sguardo, / ma varco d’azzurro. / Il vento / non aveva più occhi di pianto / per i petali dei fiori / calpestati e dispersi sul pendio. / Zigzagando tra le rade nubi, / ci venne incontro, timido, / un ultimo raggio di sole…, / e nell’aria, carezze…, brividi di cielo.

Giuseppe Stella

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